Falsità in documenti: cosa cambia dopo la depenalizzazione dei reati di falso.
Con l'introduzione del decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 7, attuativo della legge delega n. 67/2014, si vede modificata la tutela precedentemente accordata alle scritture private. Per effetto del decreto, contenente "Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili", sono stati in parte abrogati e in parte riformati i delitti di falsità in atti tradizionalmente annoverati nel codice penale al Libro II, Titolo VII, Capo III.
Per il diritto penale, gli atti pubblici sono gli scritti posti in essere da un agente pubblico, ossia da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nello svolgimento della pubblica funzione o del pubblico servizio. Le scritture private, invece, sono le scritture poste in essere da qualsiasi soggetto privato oltre che quelle provenienti da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni pubbliche o del suo pubblico servizio.
Oggi, per effetto degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 7/2016, sono stati abrogati i reati di:
- falsità in scrittura privata, previsto dall' 485 c.p.
- falsità in foglio firmato in bianco, di cui all' 486 c.p.
- uso di atto falso, contemplato dal comma II dell'art. 489 c.p.
- soppressione, distruzione, occultamento di atti veri, stabilito dal comma II dell'art. 490 c.p.
I predetti articoli, espunti dal codice penale, sono stati trasfusi nell'art. 4 del d.lgs. n. 7/2016 rubricato "Illeciti civili sottoposti a sanzioni pecuniarie". I fatti che in precedenza costituivano i reati di cui agli artt. 485, 486,489 comma II e 490 comma II, oggi sono illeciti civili che, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 7/2016, "se dolosi, obbligano, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile ivi stabilita".
Tale sanzione, compresa tra euro 200 ed euro 12.000, può essere applicata “dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno” (ovvero dal Giudice di Pace o dal Tribunale Ordinario) qualora egli “accolga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa” (art. 8, comma I e II, d.lgs. n. 7/2016).
I criteri ai quali il giudice civile deve attenersi per la determinazione dell’importo della sanzione pecuniaria sono elencati nell’art. 5 del d.lgs. n. 7/2016, ovvero la gravità della violazione, la reiterazione dell’illecito, l’arricchimento del soggetto responsabile, l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze dell’illecito, la personalità e le condizioni economiche dell’agente.
La definizione dei termini e delle modalità per il pagamento della sanzione è demandata, per espressa previsione legislativa, a un decreto ministeriale, ferma in ogni caso la specificazione che il pagamento può essere rateizzato, non è ammessa alcuna forma di copertura assicurativa, l’obbligo non si trasmette agli eredi e che la somma è devoluta alla Cassa delle ammende (artt. 9 e 10 d.lgs. n. 7/2016).
Di particolare rilievo, infine, appare la disposizione contenuta nell’art. 12, secondo la quale le sanzioni pecuniarie civili si applicano anche ai fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore del decreto (6 febbraio 2016), “salvo che il procedimento penale sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili”. In tale caso, tuttavia, il comma II della norma precisa che il giudice dell’esecuzione dovrà “revocare la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato”.
La riforma del 2016 ha attenuato la protezione giuridica precedentemente accordata alle scritture private modificando, altresì, totalmente o parzialmente, le disposizioni contenute nel codice penale connesse a quelle abrogate sopra elencate. Si tratta, ex art. 2 d.lgs. n. 7/2016, degli artt. 488, 490 I comma, 491, 491bis e 493bis.
Il testamento olografo, la cambiale o altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore sono espressamente contemplati quale oggetto materiale del reato dal I comma dell’art. 490 c.p. – che ne sanziona la soppressione, la distruzione e l’occultamento - e dall’art. 491 c.p.- che ne punisce la falsificazione. Ai sensi del riformato art. 493bis c.p., tali reati sono punibili a querela della persona offesa quando riguardano una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore, mentre si procede d’ufficio se i fatti riguardano il testamento olografo.
Riprendendo le definizioni illustrate dall’Antolisei (Manuale di diritto penale – Parte Speciale – Vol. II – Ed. Giuffrè – 2016), con il verbo distruggere si intende non far più esistere il documento nella sua materialità, con conseguente “annientamento” totale o parziale dello stesso; la soppressione invece si riferisce al fare in modo che il documento non possa più considerarsi tale, come nel caso in cui esso sia reso illeggibile o ne venga fatta scomparire la sottoscrizione; infine, l’occultamento si ha quando il documento è nascosto, o comunque ne è resa impossibile l’utilizzazione.
Il termine falsificazione si riferisce tanto alla ‘non genuinità’ del documento quanto alla ‘non veridicità’ dello stesso. La ‘non genuinità’ può estrinsecarsi nella forma della contraffazione, quando il documento è stato redatto da una persona diversa da quella apparente, e nella forma dell’alterazione, quando l’atto – sebbene proveniente dall’autore apparente - ha subito variazioni non consentite (cancellature, aggiunte, etc.) dopo la sua stesura definitiva. La ‘non veridicità’ invece attiene alle dichiarazioni; la veridicità di un documento quindi è esclusa quando esso contiene asserzioni contrarie al vero.